TITOLO – Lo “spettro” della resistenza agli insetticidi
Recentemente sono rimasto particolarmente colpito dalla lettura di un articolo estratto dalla “Rivista di Malariologia” del 1951 (Vol. XXX, n° 3) che riporta una nota in merito alla campagna antimalarica condotta in Italia nel primo dopoguerra: gli autori, Dott. A. Coluzzi e prof. G. Raffaele, descrivono in pratica la grande sorpresa di tutti i malariologi in merito al fatto che i risultati ottenuti con il DDT nella lotta contro l’anofelismo e la conseguente scomparsa della malaria in soli due anni di trattamenti non venissero apprezzati dalla popolazione come avrebbero meritato. Tra gli abitanti delle zone liberate dalla malaria venivano invece mosse aspre critiche agli organizzatori del lavoro, per il persistere di un certo numero di mosche nelle zone trattate, la qual cosa veniva considerata dovuta a negligenza nell’esecuzione del trattamento. Tra la popolazione era opinione diffusa che dopo il primo trattamento con DDT le mosche fossero scomparse del tutto nelle zone trattate mentre tale risultato non si era ripetuto con i trattamenti degli anni successivi. Probabilmente fu proprio in questi momenti che si percepirono i primi effetti di quanto Giuseppe Saccà aveva pubblicato sulla “Rivista di Parassitologia” del 1947 (Vol. 8), segnalando per la prima volta al mondo la resistenza fisiologica della Musca domestica agli effetti del DDT.
I problemi creati dall’impiego degli insetticidi organici di sintesi sono ad oggi sempre più numerosi e molto gravi, quali lo scardinamento in molte biocenosi degli equilibri biologici preesistenti ed in particolare dei processi naturali di controllo degli insetti, la rarefazione degli insetti utili (pronubi ed entomofagi), la presenza nell’ambiente di concentrazioni sempre più elevate di residui tossici estremamente pericolosi per l’uomo e l’insorgenza di fenomeni di resistenza nelle specie che si volevano combattere.
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Lo “spettro” della resistenza agli insetticidi